Io, succube dell'email
Lo spreco di tempo maggiore però avviene per leggere e smistare i messaggi sopravvissuti al cestino: quelli a cui rispondere subito, rischiando di scrivere sciocchezze per la fretta; quelli da conservare dopo aver scaricato (o buttato) i pesanti documenti allegati; quelli da inoltrare ad altri, e quelli da buttare senza indugio nella spazzatura.
Insomma, la posta elettronica è un lavoro a tempo pieno.
In inglese è stata addirittura coniata la frase: «I’m working my email», letteralmente «sto lavorandomi la posta».
Una schiavitù, come sostiene John Freeman, autore del libro «La tirannia dell’email» (Codice Edizioni).
Che ha stilato un decalogo per liberarsi dalla tirannia che voglio memorizzare:
n.1 non inviare, perchè meno messaggi inviamo e meno ne riceviamo;
n.2 non controllare l’email come prima cosa del mattino e ultima della sera;
n.3 controllare l’email non più di due volte al giorno (questa mi sembra impossibile, con il lavoro che faccio: ma già ridurre a un controllo ogni ora sarebbe un bel successo, visto che attualmente l’occhio cade sull’email in tutti i momenti);
n.4 scrivere una lista delle cose da fare e inserirvi le email, per avere un’agenda che ricordi le priorità;
n.5 fare buon uso dell’email: per esempio utilizzare l’«oggetto», inviare solo messaggi brevi (quelli lunghi sono lettere: meglio spedirli come tali), non mitragliare i destinatari, firmare con i recapiti per non generare ulteriori email, creare cartelle per archiviare i messaggi in modo sensato;
n.6 leggere tutta l’email in arrivo prima di rispondere;
n.7 non affrontare argomenti complessi o delicati nelle email;
n.8 se si deve lavorare in gruppo per email, incontrare i collaboratori di persona;
n.9 impostare la scrivania per fare qualcos’altro oltre a spedire email;
n.10 programmare una porzione di tempo quotidiano senza computer.
In vacanza intendo staccare la spina. Ma prima avverto tutti via email.
source LA STAMPA.it