BRESCIA - La Polizia sta effettuando, a Brescia e in altre città del centro-nord Italia, un’importante indagine che ha permesso di smantellare una struttura transnazionale capace di servirsi di una rete di phone center e abili hacker capaci di violare sistemi informatici di colossi multinazionali delle telecomunicazioni. Attraverso la rete erano in grado di acquisire i codici di accesso per effettuare telefonate internazionali, rivenduti successivamente in diversi altri Paesi, tra i quali l’Italia, e con i quali finanziavano formazioni di matrice integralista islamica nel sud-est asiatico.
Il denaro ottenuto illegalmente veniva inviato in Pakistan e Afghanistan, attraverso un meccanismo che avrebbe garantito al gruppo un giro d’affari di oltre 55 milioni di euro e collegamenti strategici con aree di conflitto. E' stato reso noto, inoltre, che più di 400mila euro sarebbero stati versati da uno degli arrestati a una Ong legata a un gruppo islamico. Un quadro che ha portato all’esecuzione di sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di cinque pakistani, tutti residenti in Italia, e di un hacker che opera nelle Filippine. L’operazione messa a segno dagli uomini della Digos di Brescia, coordinata dall’Ucigos in collaborazione con Fbi americano, ha portato al sequestro di 10 phone center a Brescia, Reggio Emilia, Ancona, Ascoli e Macerata e a 16 perquisizioni domiciliari nei confronti di alcuni pakistani e marocchina ritenuti organici alla struttura smantellata.
L'azione, ribattezzata «Pbx Hacker», ha permesso di ricostruire l’intera struttura organizzativa, all'interno della quale il ruolo principale era ricoperto da un pakistano, gestore di un phone center a Brescia, che garantiva un’importante base logistica al gruppo pronto a estendere la sua attività illegale in tutta Europa. Agli arrestati il gip bresciano ha ipotizzato i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode informatica mediante accesso abusivo a sistemi informatici o telematici e detenzione e diffusione di codici di accesso ai predetti sistemi. Maggiori dettagli saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà, alle ore 11, in Questura a Brescia.
Il denaro ottenuto illegalmente veniva inviato in Pakistan e Afghanistan, attraverso un meccanismo che avrebbe garantito al gruppo un giro d’affari di oltre 55 milioni di euro e collegamenti strategici con aree di conflitto. E' stato reso noto, inoltre, che più di 400mila euro sarebbero stati versati da uno degli arrestati a una Ong legata a un gruppo islamico. Un quadro che ha portato all’esecuzione di sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di cinque pakistani, tutti residenti in Italia, e di un hacker che opera nelle Filippine. L’operazione messa a segno dagli uomini della Digos di Brescia, coordinata dall’Ucigos in collaborazione con Fbi americano, ha portato al sequestro di 10 phone center a Brescia, Reggio Emilia, Ancona, Ascoli e Macerata e a 16 perquisizioni domiciliari nei confronti di alcuni pakistani e marocchina ritenuti organici alla struttura smantellata.
L'azione, ribattezzata «Pbx Hacker», ha permesso di ricostruire l’intera struttura organizzativa, all'interno della quale il ruolo principale era ricoperto da un pakistano, gestore di un phone center a Brescia, che garantiva un’importante base logistica al gruppo pronto a estendere la sua attività illegale in tutta Europa. Agli arrestati il gip bresciano ha ipotizzato i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode informatica mediante accesso abusivo a sistemi informatici o telematici e detenzione e diffusione di codici di accesso ai predetti sistemi. Maggiori dettagli saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà, alle ore 11, in Questura a Brescia.