Wikipedia, insomma, diventa maggiorenne e si appresta a entrare nel secondo decennio di vita. Un traguardo che sembrava impossibile nel 2001 e che, per aspetti differenti, sembra ancora più incredibile oggi.
Un baluardo
Le perplessità che circondarono l’avvento di Wikipedia le conosciamo tutti: può davvero funzionare un’enciclopedia collaborativa, in cui chiunque può dare il suo apporto creando nuove voci e modificando le altre, offrendo il suo contributo solo su base volontaria?
La risposta a questa domanda, per lunghi anni, è stata soprattutto una: no, non è possibile.
Il futuro, nei primissimi anni 2000, sembrava semmai appartenere alle enciclopedie tradizionali ma trasposte online, che avrebbero garantito – a differenza di Wikipedia – una maggiore affidabilità delle voci grazie al lavoro di professionisti.
Ma Wikipedia non è solo il sito più linkato di tutta la rete, è anche il quinto sito più visitato al mondo (almeno stando alla voce su Wikipedia stessa).
Le perplessità che circondarono l’avvento di Wikipedia le conosciamo tutti: può davvero funzionare un’enciclopedia collaborativa, in cui chiunque può dare il suo apporto creando nuove voci e modificando le altre, offrendo il suo contributo solo su base volontaria?
La risposta a questa domanda, per lunghi anni, è stata soprattutto una: no, non è possibile.
Il futuro, nei primissimi anni 2000, sembrava semmai appartenere alle enciclopedie tradizionali ma trasposte online, che avrebbero garantito – a differenza di Wikipedia – una maggiore affidabilità delle voci grazie al lavoro di professionisti.
Ma Wikipedia non è solo il sito più linkato di tutta la rete, è anche il quinto sito più visitato al mondo (almeno stando alla voce su Wikipedia stessa).
Dopo aver sconfitto lo scetticismo che circondava un’enciclopedia libera, aperta e collaborativa, è avvenuto anche qualcos’altro: Wikipedia è diventata l’isola dell’open internet in un mondo online che, sempre di più, ha virato verso la centralizzazione e cannibalizzazione da parte dei colossi del web.
Per rendersene conto, basta dare un’occhiata ai siti che precedono in classifica Wikipedia: Google, YouTube, Facebook, Baidu (il motore di ricerca cinese). Piattaforme possedute da colossi con fatturati da decine o centinaia di miliardi di dollari tallonati da una realtà che vive grazie alle donazioni degli utenti e al lavoro volontario di migliaia di persone.
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