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mercoledì 21 marzo 2018

Datagate, la fine dell’innocenza dei social network e l’intervento dei regolatori

Lo scandalo Facebook-Cambridge Analytica è appena esploso e le inchieste parlamentari e giudiziarie non sono ancora cominciate né in Europa né negli Usa.
Ma un'atmosfera da «tolleranza zero» già aleggia pesantemente sul più grande social network del mondo e sull'intera scuderia dei colossi del web.

La vendita illegale di profili degli utenti per scopi politici ha infatti tutto il potenziale distruttivo di un meteorite in caduta libera sui colossi dell'era digitale: se le accuse di abuso e negligenza nella gestione dei Big Data saranno infatti provate, il rischio non è certamente quello delle multe, ma di un'estinzione prematura della prima grande generazione delle conglomerate del web.

Già da tempo si discute della necessità di limitare il potere economico e la pervasività incontrollata dei colossi della digital economy come Google, Amazon, Facebook, Twitter o Apple:

Google raccoglie il 77% dei ricavi della pubblicità da ricerche online, tagliando fuori dal mercato i search engine concorrenti;

Amazon ha il 70% del mercato mondiale degli e-book e il 30% del fatturato totale del commercio elettronico americano;

Facebook si aggiudica addirittura il 75% di tutto il traffico dei docial media, sia da solo che attraverso le altre società di cui ha rilevato il controllo.

Ma qui, ora, non si tratta più di arginare le polemiche sulle fake news o di tutelare la concorrenza sul mercato della pubblicità digitale, su quello dei pagamenti cashless o sulla consegna dei libri e dei pacchi a domicilio.

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