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giovedì 30 luglio 2009

«L’errore delle aziende? Proibire facebook»

Il futuro dell’information technology, dell’innovazione e soprattutto delle imprese che dovrebbero servirsene per puntare al rilancio.
Ma anche il senso dei fenomeni che hanno fatto di Internet la più grande tribù nella storia dell’uomo.
Di questo e altro abbiamo parlato con Umberto Paolucci, classe 1944, laurea in ingegneria all’Università di Bologna, vicepresidente di Microsoft Corporation. A lui si deve l’apertura nel 1985 della filiale italiana della società.
A un quarto di secolo la corazzata di Redmond è il numero uno incontrastato al mondo nel software e come accade a tutti i primi della classe viene invidiata e spesso odiata.
«È stato un periodo ricco di cambiamenti.
L’informatica ha trasformato sia il modo di lavorare sia quello di percepire la propria identità in rapporto agli altri.
Che sono diventati più vicini. Tutti a portata di mano
.
Se ventiquattro anni fa la necessità era quella di conoscere, di avere accesso alle fonti di informazione, ora c’è il problema inverso: scegliere fra l’immensa quantità di nozioni quelle attendibili.
Ma forse avrei dovuto capirlo subito che saremmo arrivati qui...».
In che senso?
«Quando iniziai a lavorare alla Microsoft mi dissero che avrei dovuto farlo assieme al altre persone con le quali condividere le informazioni. Scambiandoci delle email:
io non immaginavo nemmeno cosa fossero le email, allora si usava la posta cartacea e il fax.
Ma non è solo una questione di scambio di conoscenze.
Il mondo digitale in cui viviamo, ha cambiato il modo in cui ci rapportiamo all’esistenza»... Così rischiamo di sconfinare sul terreno delle foilosofia, però...