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venerdì 28 novembre 2008

Europa, sfida alla Silicon Valley

In questi giorni in Francia “ICT 2008”, evento biennale che la Comunità Europea dedica alle politiche di sviluppo nell’Information and Communication Technology. Il futuro? Ricerca e impresa, per competere con la California.

Tilt. La parola magica che bloccava i vecchi flipper analogici è anche la più adatta a descrivere quello che è accaduto oggi a Lione, dove si svolge “ICT 2008”, un evento biennale che la Comunità Europea dedica all’analisi e all’illustrazione delle politiche di sviluppo nell’ambito dell’Information and Communication Technology.

Tilt perché la città è andata in crisi per circa due ore, vista l’alta affluenza di partecipanti che ha spiazzato tutti. Problemi che sono segno del successo dell’iniziativa e dell’altissimo grado di interesse che un evento del genere raccoglie tra gli addetti ai lavori.

Qual è lo scopo di “ICT 2008”? Come ha detto il Commissario Europeo per la Società e i Media, la lussemburghese Viviane Reding, in questa occasione si vuol discutere di come incentivare lo sviluppo del mercato legato a Internet e alle tecnologie digitali, cercando di mettere in comunicazione sempre più ravvicinata il mondo della ricerca e quello dell’impresa, per creare un fenomeno di crescita che possa portare l’Europa a competere, per qualità e quantità delle iniziative, con la California, terra della mitica SIlicon Valley. Una vera e propria sfida per il futuro, che arriva in tempo di crisi proprio per rilanciare le sorti dell’economia europea in un settore nevralgico del futuro.

Alzare il livello di rischio

Così cominciano a far capolino in modo sempre più prepotente concetti cari alla mitologia della già citata Valley: finanziare il rischio sapendo che per produrre tecnologia avanzata è necessario che sia alto; avere la capacità di finanziare la ricerca sapendo però che il frutto di quel lavoro potrebbe avere bisogno di uno sforzo ancora maggiore per il marketing dei prodotti derivati. È quanto ha detto Harold Goddijn, uno dei creatori di TomTom, l’azienda che ha cambiato il modo di viaggiare in auto per milioni di persone e che, come ha detto il fondatore, è nata da un insuccesso nel periodo della Bolla, dopo il quale puntarono sul piccolo navigatore arrivando a spendere 4 volte in marketing rispetto allo sviluppo tecnologico.

Per fare queste politiche che possono cambiare il nostro futuro ci vogliono “smart governments”, “governi intelligenti”, come ha affermato Ben Verwaayen, CEO di Alcatel Lucent, capaci di “disegnare una nuova architettura” per far crescere questo mondo, come accadde ad esempio – ce lo ha ricordato l’ex premier finlandese Esko Aho -, al tempo della precoce liberalizzazione delle telecom nei secondi anni ottanta, atto coraggioso che ha dato all’Europa la possibilità di avere il primato nel campo delle telecomunicazioni mobili.

Attirare i talenti

Per far tutto questo però – ha affermato Michel Cosnard, CEO di INRIA, uno dei centri di ricerca più importanti d’Europa – è necessario attrarre i migliori talenti, prendendo proprio spunto dalla Valley. Non solo però i migliori talenti nazionali o europei, ma i migliori al mondo, cosa per la quale sono necessari tutti gli interventi prima descritti, ma anche l’incentivazione e il saper coltivare queste risorse umane.

Quest’ultima cosa può avvenire attraverso gli interventi dei governi, gli interventi di investitori istituzionali come i venture capital ma soprattutto, come ha detto ancora Aho, attraverso l’emersione prepotente anche in Europa della figura più decisiva delle sorti della Valley, vale a dire quei “business angel” che, rischiando il proprio capitale privato, hanno consentito la nascita di alcune delle più leggendarie imprese della Valley, Apple e Google su tutte, tanto per citarne due.

Open the kimono

Tornando ai nostri argomenti, l’azione suddetta è quella che in gergo da tempo si chiama “Open the kimono”, vale a dire “apri il kimono”, svela cioè quello che hai nascosto sotto la vestaglia: i segreti della ricerca da condividere per consentire a ricerca e industria europea di collaborare e sfruttare tutto quanto produce di positivo e che a volte rimane nelle carte dei laboratori anche per l’incapacità di “aprire il kimono”.
Definizione forse poco elegante, e che ci suggerisce un altrettanto poco elegante metafora, che ha però la stessa forza in termini di efficacia. E riguarda ahimè il nostro Paese, proprio in questi giorni alla ribalta delle cronache per la sua arretratezza in termini di capacità di innovazione.
Detto per dovere di cronaca che qui la partecipazione degli italiani è massiccia (e questo può far ben sperare) c’è anche il timore che in questa fase possa non convenirci troppo “aprire il kimono”, per il pericolo di mostrare risultati “non proprio all’altezza”. Cosa gravissima e imbarazzante in un Paese dalla storia “virile” come il nostro... Battute a parte, magari non sarà così. Noi ci speriamo.