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giovedì 29 maggio 2008

L'Italia che non va in Rete

Boom di pc, videofonini, fotocamere digitali. Ma è lento l'aumento nell'uso di Internet

Per unire l'Italia nella modernità tecnologica
non basta ridurre il cosiddetto digital divide, il divario digitale che vede alcune zone del Paese infrastrutturalmente svantaggiate rispetto ad altre. Perché i consumatori italiani sono divisi anche culturalmente. E se da una parte c'è un'avanguardia attratta dalle nuove tecnologie della comunicazione, dall'altra c'è un'ampia retroguardia che delle tecnologie si fida poco, è indifferente o giudica i servizi offerti troppo complicati per essere veramente utili. Ecco, in sintesi, il risultato di una ricerca, Ict Monitor, realizzata dalla Between di François de Brabant e da Gipieffe sul rapporto tra gli italiani e la tecnologia.

Intendiamoci, la dotazione di strumenti hi-tech nelle nostre case è in forte crescita: dal 2004 al 2007, per esempio, il numero di lettori Dvd è raddoppiato, passando dal 36% al 72% e i computer, nello stesso periodo, sono aumentati dal 46% al 60%.
Per non parlare di altri oggetti, che hanno segnato un vero e proprio boom: i telefonini non tradizionali (con fotocamera, videofonino, tivufonino, smartphone) sono quintuplicati: dal 12% al 63%; idem le macchine fotografiche digitali dal 19% al 50%, gli iPod e gli Mp3 dal 6% al 32%, i televisori a schermo piatto (plasma, cristalli liquidi, Hd ready o non Hd ready) dal 3,5% al 21%.

Ma il panorama cambia radicalmente se andiamo a vedere l'utilizzo dei servizi online e l'accesso alla banda larga (cioè l'Internet veloce). Qui i numeri sono molto meno entusiasmanti: il possesso di un collegamento a banda larga, che nel 2004 era prerogativa del 10% degli intervistati (2.500 interviste individuali), si è esteso al 29% del campione. A fronte di questa maggiore dotazione di rete, quelli che usano il web, da casa o dal luogo di lavoro, sono aumentati in quattro anni solo di 7 punti percentuali, passando dal 35% al 42%. Gli utenti di e-commerce, pur raddoppiati (dal 7% al 14%) sono ancora un'élite. E, soprattutto, sono soltanto il 6,7% gli italiani che utilizzano i servizi di banca online.

Si tratta di un quadro importante, nei suoi chiaroscuri, perché aiuta a rispondere alla domanda, anzi alla domandona che in questo periodo più intriga le aziende di Ict (le varie Telecom, Vodafone e Fastweb) così come i responsabili della politica industriale. La domanda riguarda la quantità e l'intensità di risorse economiche da dedicare allo sviluppo della rete a banda larga e ultra-larga per sviluppare nuovi servizi video fissi e mobili e dare al Paese un'infrastruttura avanzata. La posta in gioco è alta e alta è la scala degli investimenti richiesti. In Giappone, Corea del Sud e Singapore, i governi si sono impegnati in ambiziosi piani di cablatura con l'obiettivo di dare «100 megabit a tutti». Ma il Giappone e gli altri Paesi asiatici hanno una cultura e una pratica tecnologiche consolidate e diffuse (si può dire: hanno la tradizione della modernità) e rappresentano perciò mondi davvero lontani.

La via europea alla banda larga, per ragioni di cultura e di bilancio pubblico, è molto meno dirigista e più prudente. «Soprattutto — commenta de Brabant — è più legata al tema della competizione e del mercato, anche se con alcune importanti eccezioni: la Commissione Attali ha chiesto la banda ultralarga come servizio universale per il 2016 e Francesco Caio deve consegnare a settembre a Gordon Brown il piano a banda ultralarga per la Gran Bretagna». La posizione prevalente tra gli operatori, comunque, si può riassumere così: investiamo man mano che all'orizzonte si profila l'interesse del pubblico, cioè emerge un mercato. Prudenza più che giustificata, se si considerano dati come quelli di Ict Monitor sull'Italia.

Ma guardiamoli più da vicino, questi italiani tecno-diffidenti. Complessivamente, gli «arretrati», gli «indifferenti» e gli «ambivalenti» (come li chiama la ricerca) rappresentano quasi la metà del campione; e la loro distanza dalla tecnologia aumenta con l'avanzare dell'età e col ridursi del reddito e della scolarità. I più emotivamente avversi temono i rischi per la salute e il «bombardamento cognitivo». I più razionali (sempre nella fascia dei tecnofobi) lamentano — giustamente — l'eccessiva macchinosità che caratterizza ancora molti servizi online.

La semplicità, peraltro, è considerata un valore anche dall'altra metà del campione — quella tecnofila — composta dagli «affascinati», dagli «evoluti» e dai «trend setter»: vera e propria tecno-avanguardia — quest'ultima — che usa Internet, fa la spesa con l'e-commerce e usa i servizi di e-banking, ignorati dai più. Non è un caso che i servizi più apprezzati siano l'e-commerce per viaggiare (preferenza che accomuna vecchi e giovani, utenti di treni e utenti di aerei), le aste online (spettacolare anche in Italia il successo di eBay, che offre un servizio chiaro, certificato e utile), l'acquisto di biglietti per concerti e lo shopping di libri e Dvd. Male l'e-banking, dicevamo: solo il 6,7% degli italiani, secondo Ict Monitor, lo usa. Un po' perché gli utenti non si fidano, un po' perché le banche a quanto pare non lo spingono troppo. Eppure alcuni siti di online banking sono molto chiari, e, almeno per controllare i propri estratti conto o per fare bonifici, possono risparmiare al cliente la coda allo sportello. Pare sia frequente il caso di adulti che entrano una volta nel sito della banca con l'assistenza del figlio; ma, anziché riprovare da soli, rinunciano e tornano al tradizionale «salto in filiale».

Questo porta a concludere che per affermarsi la tecnologia deve sostituire un'abitudine radicata con un'abitudine più comoda: difficile pensare a processi «calati dall'alto». Da questo punto di vista una delle due tecnologie più amate dagli italiani è senza dubbio il telefonino. Ed è quindi prevedibile che la futura rivoluzione della banda larga avrà nel telefono cellulare e nella televisione (l'altra tecnologia prediletta) i suoi centri propulsori. Questo se parliamo di mercato. Un buon contributo dello Stato all'innovazione, invece, sarebbe quello di offrire servizi di e-government realmente efficaci all'insegna della semplicità: ma, come sappiamo, ciò presuppone un ridisegno della Pubblica amministrazione assai complesso, che è stato avviato ma è ben lontano dall'essere concluso. In un certo senso è il gatto che si morde la coda: se i contenuti dei servizi offerti migliorano, migliora anche la risposta del pubblico: e questo incoraggia gli investimenti in infrastrutture. Ma la qualità dei servizi dipende anche dalla potenza di banda. Grazie alla quale si può dare velocità di navigazione e qualità video molto alta. Sarebbe però sbagliato concentrare tutta l'attenzione sulle fibre ottiche e sulle autostrade del futuro: importante è avere le automobili da mettere in pista.