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mercoledì 28 maggio 2008

Identikit del videogiocatore europeo. La console non è una malattia

ROMA - Dicono che in Inghilterra abbia 36 anni, in Finlandia 33, mentre in Italia dovrebbe essere più giovane, 28 anni circa.
Una cosa comunque è certa: capire chi è e quanti anni ha il videogiocatore europeo è diventata una questione di stato, sia per chi i giochi li difende, sia per chi li attacca. Potrebbe infatti dare ragione ai primi, che lo immaginano maturo e indipendente, o ai secondi che lo dipingono come un bambino indifeso.

La Nielsen, nel suo ultimo rapporto che verrà pubblicato oggi e realizzato per volontà della Interactive Software Federation of Europe, prova a dare qualche risposta. E' il primo studio condotto su un campione di seimila persone che vivono in ben 15 diverse nazioni del Vecchio Continente. Inghilterra, Francia, Germania e Spagna, i mercati più importanti, ma anche Italia, Austria, Danimarca, Lettonia, Repubblica Ceca, Svizzera, Belgio, Finlandia, Norvegia, Polonia, Belgio. Gli intervistati hanno quasi sempre un'età compresa fra i 16 e i 49 anni e nel 30% dei casi sono donne. Una scelta in apparenza singolare, quella di escludere giovanissimi e "anziani".

Fortuna che un'indagine precedente della Gfk ha spiegato che la fascia anagrafica "media" costituisce, anche in Italia, il vero pubblico di riferimento, oltre il 60% dei giocatori. Più giovani rispetto alla media nazionale dei Paesi dove risiedono, rappresentano il 23% della popolazione totale a Londra e dintorni, il 19% dalle parti di Madrid e Helsinki, il 20% circa nel resto d'Europa. La fascia di età fra i 16 e 29 anni è in assoluto quella dove la concentrazione di giocatori è più elevata. Ma ci sono anche tanti genitori che si divertono, in Inghilterra si arriva a punte del 43% sul totale, mentre le donne sarebbero fra il 13 e il 19% secondo i casi. Sopra i 49 anni le percentuali crollano. Se il 29% dei quarantenni inglesi non disdegna fare di tanto in tanto una partitina, ma sono un'eccezione in Europa, fra i cinquantenni solo il 6% ha accesso una console. E questo è vero anche nel resto del continente, segno di un gap generazionale nell'uso della tecnologia.

Per l'Italia non esistono dati precisi, altra inspiegabile lacuna dell'indagine Nielsen, ma poco più di un mese fa il rapporto annuale sulla nostra industria dei videogame ha sostenuto che otto milioni di famiglie sulle 23 complessive hanno una console. Nel 2006 poi, sempre la Gfk, aveva addirittura stimato che il 43% degli italiani si dia spesso e volentieri ai giochi elettronici, inclusi quelli per cellulare, e fra questi i minorenni sarebbero "appena" il 29%. Un'esagerazione, quella del 43%, anche se si tratta comunque di tanta gente. Del resto, la vendita dei videogame in Europa, console escluse, nel 2007 ha portato nelle casse dei vari editori guadagni pari a 7,3 miliardi di euro, 600 milioni in Italia, contro i 6,9 miliardi incassati negli Stati Uniti e i 7,4 dell'Asia.

Peccato, si lamentano i creatori di giochi americani e giapponesi, che sia un mercato spezzato da tante lingue diverse e da gusti molto differenti. Ai tedeschi, ad esempio, piacciono i giochi di strategia per Pc, agli italiani quelli di calcio per PlayStation, gli inglesi al contrario adorano i videogame di azione e le console se le comprano più o meno tutte. La Nielsen ci dice poi, e per qualcuno forse è una notizia, che si tratta di persone normali. Il tempo libero preferiscono passarlo con gli amici, facendo shopping, andando al cinema, a cena fuori e navigando molto in Rete. La maggior parte gioca perché è divertente e rilassante, ma davanti alla console la metà, il 56%, sta meno di cinque ore la settimana, il 27% dalle sei alle 10 ore, il 15% dalle 11 in su. Il che significa oltre un'ora e mezza al giorno. Le donne giocano meno, anche se il 32% passa più di sei ore settimanali con il joypad in mano.

Gli italiani in questa graduatoria sono fra i più affezionati, con un buon 49% che spende almeno sei ore a settimana in compagnia dei videogame. Meglio o peggio di noi, secondo i punti di vista, i tedeschi e soprattutto i lettoni: non solo il 60% di loro supera la soglia delle sei ore settimanali, ma addirittura il 22% si spinge oltre le 15. All'estremo opposto ci sono svizzeri, cechi e belgi che con i videogame hanno un rapporto saltuario. La cosa singolare è che in Lettonia comprano un quantitativo di giochi relativamente esiguo, meno di quattro all'anno. Evidentemente, li scaricano in barba alle leggi sul copyright, altrimenti significherebbe che passano mesi e mesi a giocare ossessivamente sempre alla stessa cosa. Ne acquistano in grandi quantità gli inglesi, i francesi, gli spagnoli e a sorpresa i polacchi, che sono fra l'altro anche quelli che amano di più i videogame su cellulare o console portatile. Gli scandinavi invece adorano giocare con i propri figli, seguiti da spagnoli e italiani. A differenza dei lettoni, i soliti lettoni verrebbe da dire a questo punto, che di mischiare prole e videogame non vogliono sentir parlare.