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lunedì 6 agosto 2007

Chi vince e chi perde nel business dei telefonini. Aspettando il Google phone


I dati pubblicati in questi giorni dalla società di ricerca Strategy Analytics hanno confermato ufficialmente quanto avevamo anticipato sul Sole24ore.com ancora l'altra settimana. La Nokia, che ha chiuso con risultati eccellenti il trimestre fiscale, ha rafforzato nel secondo trimestre la propria leadership nel mercato dei cellulari incrementando la propria quota al 38%, la Samsung, sfruttando al meglio un catalogo assai rifornito e l'azione aggressiva di marketing perseguita negli ultimi 12 mesi, ha rubato alla Motorola il secondo gradino del podio nella classifica mondiale dei produttori di telefonini, attestandosi al 14,5% di share.

La casa americana rimane comunque al terzo posto ma il calo sensibile accusato nella fascia dei cellulari "low cost" non lascia certo presagire per Motorola un futuro roseo, per lo meno in fatto di volumi di vendita. Anche perché alle spalle Sony Ericsson e Lg Electronics spingono per arrivare a superare la fatidica soglia del 10% facendo anche leva sulla crescita delle vendite in Paesi come India, Cina e in aree come il Sud America e l'Europa dell'Est. Premesso che la guerra per primeggiare nei cellulari si giocherà prevalentemente nell'area consumer, il peso specifico del business prende sempre più consistenza.

La diffusione sempre maggiore dei servizi e delle soluzioni di enterprise mobility (posta elettronica in testa) ha dato infatti linfa alla domanda di terminali di classe business - i Blackberry, i Nokia serie E, i Palm Treo, alcuni modelli di Motorola, Hp iPaq, Htc e Sony Ericsson – mentre l'entrata in gioco della Apple con il tanto atteso iPhone ha convinto molti analisti a predire da subito nuovi orizzonti di gloria per gli smartphone (e quelli a tecnologia touch screen in particolare). Lo scenario prossimo venturo del comparto mobile è quindi alquanto vario e ora l'attenzione degli addetti ai lavori è calamitata sull'altra grande "new entry" nell'arena dei telefonini, il Google Phone.

Un'analisi pubblicata ieri l'altro sul sito del Wall Street Journal ha fatto dettagliatamente il punto sulle mosse della società californiana in orbita mobile. Google – ha scritto la testata americana finita nella mani di Rupert Murdoch – ha avviato da tempo trattative con alcuni operatori di telefonia mobile negli Stati Uniti e in Europa (fra questi AT&T, Sprint Nextel, T-Mobile Usa, la succursale mobile americana della Deutsche Telekom, Verizon Wireless, joint venture fra Verizon Communications e Vodafone, la stessa Vodafone, Orange, la controllata di France Télécom) per aprirsi un varco strategico in un mercato che promette mirabilie come quello dei servizi e della pubblicità veicolati tramite dispostivi wireless. Il piano per vincere la battaglia è sulla carta assai ben congegnato: stringere accordi di "licensing" con i carrier affinché supportino dispositivi ottimizzati per i servizi on line di Google e nel frattempo verificare le condizioni per lanciare a breve termine un terminale a proprio marchio (in abbinamento a quello dell'operatore che lo distribuirebbe sul mercato), che verrebbe prodotto in volumi da colossi come Lg Electronics o Htc.

Il Gphone romperà gli schemi dell'industria mobile?
Che il cosiddetto "Gphone", il cellulare della Google, possa arrivare effettivamente sul mercato entro l'anno e con caratteristiche "on board" quali la compatibilità con le reti 3G ed Edge e il supporto per i vari servizi di e-mail, video, ricerca e localizzazione "made in Google" è tutt'altro che scontato. Stando all'articolo del Wall Street Journal i prototipi di questo terminale, che avrebbe le fattezze di uno smartphone con tastiera a scorrimento in stile Palm Treo, invece ci sono per certo e si trovano in un laboratorio di ricerca della stessa Google a Boston.

Ma perché la più famosa Internet company al mondo spenderebbe milioni e milioni di dollari per avventurarsi in un mercato fra i più competitivi di tutta l'industria hi-tech? Per un motivo molto semplice. Recitare un ruolo di primo piano nell'ambito dei servizi che sui telefonini di domani saranno un "must" per milioni di consumatori: foto e video (scaricati da YouTube, che ricordiamo essere una succursale di Google) ad alta risoluzione e mappe e informazioni del luogo in cui l'utente si trova in uno specifico momento da consultare via Web con l'ausilio di un ricevitore Gps integrato. Aggiungiamoci quindi la doppia connettività 3G e wireless (oggi Wi-Fi domani Wi-Max) e un browser Web liberamente scaricabile dagli utenti (quello di Opera oppure uno sviluppato in proprio) tagliato su misura per i dispostivi mobili ed ecco che il quadro del Gphone è pressoché fatto.

Alcuni servizi di Google sono già precaricati su alcuni modelli di alcuni operatori ma quello a cui pensa la società californiana è un qualcosa di molto più pervasivo, che superi in un sol colpo i problemi degli elevati tempi (e costi) di connessione (per non parlare della qualità) necessari per scaricare le pagine dove risiedono online i servizi. Da superare, però, affinchè il sogno si avveri, ci sono anche gli inevitabili scontri con gli operatori mobili per la spartizione degli introiti pubblicitari e la remora degli stessi carrier a rendere disponibili troppi servizi "premium" a bassissimi costi tramite collegamenti wireless ai sempre più numerosi (negli Usa e nella"bay area" di San Francisco in modo particolare) hot spot Wi-Fi presenti sul territorio.

In Google questi rischi li conoscono bene e non a caso hanno stanziato oltre 4,5 miliardi di dollari per costruire una propria rete cellulare; dalla sua, oltre a milioni di utenti, la società californiana ha anche il fatto che la Fcc americana ha stabilito che a partire dalle prossime gare per l'assegnazioni di frequenze radio mobili i vincitori dovranno accettare sulle loro reti qualsiasi apparato e di qualsiasi produttore. Difficile, comunque, che Google indossi le vesti di operatore telco e per puntare a vincere la propria scommessa è quindi necessario che scenda a patti con uno o più di questi, firmando con essi partneship strategiche per sfruttarne il nome e la presenza sul mercato. Certo è che l'avvento del Gphone, o comunque quello di terminali predisposti per servire contenuti targati Google, avrà un impatto non indifferente sulle dinamiche di sviluppo di questo mercato e, presumibilmente, sulle relazioni oggi in essere fra operatori telco e provider di contenuti e servizi.

Una scommessa chiamata iPhone.
Vodafone, O2, T-Mobile: i nomi di questi tre operatori mobili sono stati accostati a quello del telefono della Apple per ciò che ne concerne il lancio in Europa. Ancora non si sa chi avrà l'onere e l'onore di portare il nuovo gioiellino della casa della Mela a battagliare con i nuovi modelli dei principali produttori. È lecito pensare che possano essere anche tutti e tre. Svanita infatti l'idea di appoggiarsi in via esclusiva su Vodafone quale partner globale dell'operazione di sbarco nel Vecchio continente, pare per divergenze troppo ampie sui termini commerciali dell'intesa, la casa di Cupertino sembra orientata a collaborare con singoli carrier mobili, Paese per Paese. Sarà la strada giusta per decretare il successo dell'iPhone anche fuori dagli Usa? Un buon banco di prova per dare una risposta potrebbe essere l'Italia, dove il supertelefono della Apple dovrebbe atterrare la prossima primavera, qualche mese dopo il debutto (previsto in autunno) in Francia, Germania e Regno Unito.

Come reagiranno gli utenti italiani, i più sensibili al richiamo del telefonino ma tradizionalmente poco inclini a saltare subito sul carro delle novità tecnologiche, di fronte a un terminale che costerà, nella sua versione top, poco meno di 500 euro? Sarà una corsa all'acquisto come poi si è verificato per l'iPod o un clamoroso fiasco? Lecito chiedersi se la domanda sia mai passata nella testa di Steve Jobs ma intanto il capo della Apple può a ragione essere soddisfatto dell'andamento delle vendite (problemi tecnici e di sicurezza del terminale a parte), anche perché i margini di profitto per ogni iPhone acquistato sono decisamente molto buoni. Se poi fossero vere le indiscrezioni che vorrebbero la società californiana aver già commissionato alla taiwanese Quanta Computer l'incarico di produrre a partire da settembre/ottobre la seconda generazione dell'iPhone (con supporto per le reti mobili Umts) significherebbe che a Cupertino la scommessa di entrare da protagonisti nel mercato dei cellulari sono sicuri di vincerla.

Mai, invece, vedrà la luce lo smartphone della Microsoft, lo Zune Phone, la versione telefonica del del lettore multimediale Zune. Tempo fa è stato l'amministratore delegato Steve Ballmer in persona a sconfessare le voci di un possibile prossimo lancio sul mercato di un cellulare prodotto e venduto direttamente dal gigante di Redmond. L'eventualità di un ingresso di Microsoft nei cellulari da produttore sarebbe molto stuzzicante ma in realtà la società americana la sua partita nel mercato mobile l'ha già vinta con il proprio sistema operativo Windows Mobile, utilizzato sul oltre la metà degli smartphone e dei palmari con capacità telefoniche oggi in circolazione su scala mondiale.